i 2 NO di Aharon Shabtai: Torino e Parigi
"Un atto barbaro mascherato da cultura in maniera cinica"
Il doppio « No » di Aharon Shabtai.
Il doppio « No » di Aharon Shabtai.
Il poeta israeliano Aharon Shabtai dice "no" anche al Salone del libro di Parigi La lettera con cui Aharon Shabtai risponde negativamente all'invito della coordinatrice del Salone del libro di Parigi dedicato - come a Torino - a Israele.
"Gentile Edna, La ringrazio della lettera. Io non ritengo che uno Stato che mantiene un'occupazione, commettendo giornalmente crimini contro civili, meriti di essere invitato ad una qualsivoglia settimana culturale. Ciò è anti-culturale; è un atto barbaro mascherato da cultura in maniera cinica. Manifesta un sostegno ad Israele, e forse anche alla Francia che appoggia l'occupazione. Ed io non vi voglio partecipare. Cordiali saluti, Aharon Shabtai"
7 dicembre 2007
La signora Edna Degon, "chargée de mission Salon du livre 2008", responsabile della organizzazione della presenza di Israele al salone dellibro di Parigi, aveva invitato a partecipare Aharon Shabtai con laseguente lettera sempre del 7 dicembre 2007:
"Gentile Aharon Shabtai, il 13 marzo 2008 sarà inaugurato il Salone del Libro di Parigi nel quale Israele sarà presente in veste di "Paese ospite". Quaranta scrittori epoeti israeliani sono invitati a prendere parte alla settimana culturale francese. Dato che le sue opere sono state tradotte in francese, viene da sé che Lei è tra gli invitati. Le piacerebbe partecipare? L'invito ufficiale sarà emesso dall'Ambasciata francese in Israele, una volta che tutti gli scrittori avranno dato la loro disponibilità. Spero di tutto cuore che vorrà accettare l'invito, Parigi la aspetta.
Grazie e buone feste,
Edna"
Aharon Shabtai è uno dei maggiori poeti israeliani contemporanei e il più apprezzato traduttore di drammi greci in ebraico.
Aharon Shabtai è uno dei maggiori poeti israeliani contemporanei e il più apprezzato traduttore di drammi greci in ebraico.
...Che significato ha per lei il 60° anniversario della fondazione dello Stato ebraico?
Dopo sessanta anni ci troviamo di fronte a un bivio: o continuare a essere uno stato coloniale e proseguire con la guerra, mettendo seriamente in pericolo il futuro d’Israele perché - non dobbiamo dimenticarlo - viviamo in Medio Oriente, non in California. L’alternativa è fare come (l’ex presidente sudafricano) De Klerk: invertire la rotta e provare a dare ai palestinesi pieni diritti sulla loro terra, cercando di creare un uovo sistema di pace. Altrimenti non sopravvivremo né da un punto di vista morale, né come stato, perché la guerra si espanderà a tutto il Medio Oriente.
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